Recessione vuol dire cambiamento

Il periodo storico che stiamo attraversando, caratterizzato dalla crisi dei mercati e dall’insicurezza finanziaria, ha riproposto fenomeni di difficoltà e incertezza anche a livello personale e sociale. In modo solo apparentemente paradossale, questo momento si configura come un’ottima possibilità per mettersi in discussione e generare un cambiamento positivo, ce lo dimostrano neuroscienze e psicoanalisi.
“Durante la nostra vita spesso ci proponiamo di cambiare un comportamento o un’abitudine, di essere migliori per noi o per qualcun altro; in realtà, la maggior parte delle volte, questi tentativi di cambiamento non hanno buon esito o finiscono ancora prima di prendere una forma tangibile”, ci spiega il dott. Fabio Sinibaldi, fondatore del Centro Specialistico Integrato FerrariSinibaldi e membro della Cognitive Science Society. “Agiscono in noi le cosiddette resistenze al cambiamento, meccanismi normalmente volti alla nostra autotutela ma che talvolta si irrigidiscono eccessivamente, fino al punto da non permetterci cambiamenti adattivi. Per superare tali resistenze è necessario scardinare gli elementi su cui essi stessi fanno leva, superando vecchi automatismi o convinzioni ancestrali. Il periodo attuale di crisi, andando a toccare le certezze economiche e sociali su cui normalmente basiamo le nostre sicurezze, ci mette fisiologicamente in un condizione di ridiscussione personale e maggiore plasticità nell’adattarci all’ambiente. Le scienze cognitive più moderne hanno dimostrato che la plasticità neurale si riduce non tanto per il passare del tempo, ma più per la mancanza di nuovi stimoli esterni o per la scarsa ricerca di nuove forme di apprendimento; doversi rimettere in gioco, viceversa, ci riporta nella condizione di stimolare nuove modalità di pensiero e di azione, rigenerando anche la nostra struttura neurale. Tra i diversi meccanismi in atto in questo processo un ruolo fondamentale è quello svolta dai neuroni specchio, che sono alla base dei nuovi apprendimenti umani e, tra l’altro, permettono una sintonizzazione emotiva molto efficace tra sé e gli altri. Dal punto di vista neuro-biologico siamo di fronte a un’occasione che varrebbe la pena di sfruttare, dal momento che normalmente si presenta – oltre che nell’infanzia – solo con la continuativa pratica artistica, lunghi training per le abilità cognitive o percorsi psicoterapeutici”.
“Nell’attività clinica quotidiana abbiamo riscontrato nell’ultimo periodo” prosegue il dott. Giuseppe Ferrari, specialista in psicoanalisi delle relazioni, presidente della Sipiss “una maggior tendenza a chiedere aiuto e, al contempo, una più sviluppata capacità delle persone di attingere alla proprie risorse personali per fronteggiare il nuovo. La parola crisi, già nella sua etimologia greca, contiene il doppio significato sia di disagio sia di scelta risolutiva; in ambito militare e politico si riferiva all’individuazione di un problema e, al contempo, della via risolutiva. Il periodo che stiamo vivendo costituisce un punto di rottura rispetto al proprio sviluppo personale, mobilitando una nuova motivazione a fare attivamente e la volontà di assumersi nuove responsabilità. Le responsabilità, di solito, vengono vissute come un limite per la propria libertà e con connotazioni di un dovere da espletare o, addirittura, come la mancanza di potere relazionale. A tal proposito possiamo citare il caso tipico di Marco (nome di fantasia), un impiegato che era esasperato ormai da anni dagli aspetti routinari e poco gratificanti del proprio lavoro; sentendo ora il disagio attorno sé aumentare, le continue lamentele dei colleghi e vedendo gli scenari negativi che si prospettavano per la propria azienda, ha di colpo capito che era molto più libero di quanto credesse. Marco, infatti, si era sempre sentito bloccato nelle situazioni lavorative, sentiva che non poteva fare o dire qualcosa, trovava sempre delle valide spiegazioni razionali per queste limitazioni che si imponeva. Il momento generale di crisi, una soglia di fragilità più bassa e il fatto di non riuscire a tollerare più le perenni lamentele dei colleghi, hanno generato un punto di rottura e la concreta possibilità di effettuare un cambiamento evolutivo positivo e di rendersi concretamente più indipendente.

RIFERIMENTI

Centro FerrariSinibaldi
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