Tesori a Milano

E poi dicono che oggi non
c’è più niente di nuovo da scoprire!
A chi, come noi, ogni giorno sgombera appartamenti ed affini in una città grande e piena di sorprese come Milano, può ancora accadere di scoprire tesori nascosti dagli anni nei posti più impensati.
Può succedere che, svuotando un appartamento in una qualsiasi via del centro, si scopra una botola nel pavimento che porta ad un locale seminterrato, chiuso da decenni, e che si scopra che proprio lì lavorava uno scultore, attivo fino all’anno della morte, il 1943. Dalla polvere emergono alcune opere, un nome, una storia: è questo il lato più bello ed interessante del nostro lavoro.

In quello studio lavorava CESARE RAVASCO, nato a Milano nel 1875, di famiglia di origine genovese, famiglia di artisti: il padre, Giacomo, era orafo e si era trasferito a Milano nel 1873 fondando un proprio laboratorio. Il figlio maggiore, Alfredo, segue le orme del padre e diventa uno dei principali esponenti dell’arte orafa e decorativa milanese del tempo, partecipando a partire dal 1906 a tutte le principali Esposizioni nazionali ed internazionali. Stretto il contatto con letterati e artisti di ogni genere, tra cui ricordiamo in particolare Giò Ponti, con cui Alfredo condivide poetiche e ideali artistici. In questo ambiente si forma e lavora Cesare. Tra le sue opere più celebri, il monumento “Alle tre arti consolatrici della vita” nella villa Pisani-Dossi di Como.
Di lui abbiamo trovato nel suo studio alcune opere, probabilmente appartenenti a diversi momenti della sua vita creativa: partiamo con un importante altorilievo in marmo bianco (70 x 65) raffigurante una Maternità (sacra o profana?) attorniata da motivi floreali, di grande intensità nella scelta dello scorcio e nell’espressività del viso della madre. Allo stesso periodo risalgono forse le due placche in bronzo, in bassorilievo, una (29 x 25) raffigurante un cavaliere su cavallo alato che scaglia una freccia, datato 1918, e l’altra (15 x 10), di gusto più spiccatamente Liberty, raffigurante una fanciulla circondata da motivi floreali e intitolata “Rinascita”. Ad un’altra atmosfera culturale ci rimandano le altre opere ritrovate: un grande busto in marmo (altezza 50 cm.) ritratto di un uomo e soprattutto la testa di donna, che pare emergere dal blocco di marmo (40 x 40), appena sbozzata, e il delizioso busto di bambino che gioca, in bronzo (altezza 20 cm), che suggeriscono, pur con le dovute distanze, reminescenze dello stile di un Medardo Rosso, in quegli anni geniale punto di riferimento di una intera generazione di scultori. In mezzo alle opere di Ravasco, compare anche un importante lavoro di un altro scultore attivo a Milano nello stesso periodo (omaggio ad un collega ammirato?): si tratta di una figura intera, alta 54 cm, in bronzo, raffigurante un giovane nudo che lancia una granata: l’anno è il XVII dell’Era Fascista (1939) e la firma è quella di EROS PELLINI, figlio d’arte (il padre Eugenio è anch’esso un importante scultore), nato a Milano nel 1909. Dal 1930 Eros Pellini studia all’Accademia di Brera , dove ha per maestro lo scultore Adolfo Wildt e per compagni Fontana, Broggini, Melotti ed altri esponenti della vita artistica milanese del tempo. L’incontro con Wildt sarà importantissimo per la sua formazione artistica, al punto che alla morte del maestro, nel 1931, Pellini lascerà l’Accademia proseguendo da solo il suo cammino di artista.
E al periodo di influenza del grande maestro risale certamente il nostro bronzo, di chiarissima impostazione classica, di gusto accademico, anche se non privo di impatto emotivo nell’impressione di energia e di forza che l’autore ha saputo infondere al corpo perfetto del giovane soggetto. In particolare l’espressione del volto, dai tratti allungati, sembra un tributo più esplicito ai ritratti dell’amato maestro.
Queste opere saranno in vendita prossimamente nel nostro Mercatino dell’Usato nella sede di Cambiago.

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