La crisi economica ha colpito trasversalmente tutte le economie, mentre la ripresa continua a procedere a singhiozzo.
In questo scenaro, la crisi energetica e la crescita dell’inflazione sono le minacce maggiori per i mercati non sviluppati. Per il semplice fatto che hanno meno “armi” per fronteggiare i venti contrari.
L’impatto della crisi energetica
Negli ultimi mesi i prezzi dell’energia hanno cominciato a crescere a ritmi sempre più sostenuti.
Il simbolo della crisi energetica è il petrolio, il cui prezzo è arrivato a superare la quota degli 80 dollari al barile, come non succedeva da alcuni anni. Ma la corsa dei prezzi ha riguardanto anche il gas e il carbone, dove gli indicatori di momentum evidenziano una forza importante della spinta rialzista.
L’effetto a cascata
Il problema è che questo contesto alimenta degli effetti a cascata, perché molti prezzi di prodotti che sono a valle del processo, risentono della crisi energetica. Ad esempio il costo dei fertilizzanti è schizzato verso l’alto, in conseguenza di maggiori costi dell’energia o di interruzioni della produzione dovute alla scarsità di energia. Ma le correlazioni con i processi produttivi sono pressoché totali, per questo motivo tale vortice finisce per coinvolgere anche i prezzi di molti prodotti alimentari. Del resto sono già cresciuti in modo evidente negli ultimi mesi.
Rischio turbolenze
Nei Paesi emergenti l’inflazione degli alimentari innesca processi critici, perché il reddito disponibile della popolazione non è elevatissimo. Allora si rischiano turbolenze sociali, che per adesso stanno già apparendo in alcuni paesi. Ma molti si trovano in una situazione analoga, che va quindi monitorata con attenzione.
Prospettiva della crisi: quando durerà?
Ma la domanda più importante è quando la crisi energetica è destinata a durare.
Se da una parte è vero che l’aumento dei prezzi dovrebbe dipendere squilibri temporanei di domanda e offerta, per altri versi invece è connesso a squilibri struttursali, che nel breve periodo sono difficili da eliminare. In sostanza, a lungo termine si rischiano deficit di offerta permanenti e prezzi delle materie prime più alti in diversi settori.