La Fed alza i tassi dopo 7 anni, quali ripercussioni sul dollaro?

Finalmente è arrivato: dopo mesi di roumors, caratterizzati da rinvii ed anticipazioni, la signora Yellen ha annunciato il 16 dicembre la decisione da parte della Federal Reserve, la Banca Centrale degli Stati Uniti, di aumentare il tasso d’interesso dello 0,25%. Si tratta di una scelta di politica monetaria molto attesa, visto che l’ultimo intervento sui tassi da parte della Fed risale addirittura al lontano 2008.

Da allora l’economia USA, così come quella di molti altri paesi industrializzati, aveva subito un forte shock causato dalla crisi finanziaria scatenata dallo scandalo dei mutui subprime: In europa e negli States la produzione ha attraversato un periodo di stagnazione, la disoccupazione è cresciuta ed i consumi si sono ridotti, provocando un fenomeno deflazionario. I mutamenti attuali dello scenario economico, che secondo gli analisti della Banca Centrale USA appare ora più incoraggiante, hanno spinto la Fed ad aumentare, seppur sensibilmente, i tassi d’interesse, annunciando eventuali cambiamenti graduali futuri.

La decisione non ha sorpreso i mercati, che attendevano un simile annuncio da tempo, tuttavia l’intervento della Fed ha confermato gli investitori mondiali circa la tendenza verso una consolidata crescita della produzione ed un’uscita dal tunnel della recessione. La reazione è stata chiara in tutte le principali Borse del pianeta, con un rialzo che ha superato il 2% a Francoforte e Parigi e con il FTSE MIB di Milano che ha fatto registrare un aumento del 1,65% il giorno della conferenza stampa della Yellen. Come previsto, la misura monetaria non ha fatto altro che confermare il rafforzamento del dollaro nei confronti delle valute internazionali più importanti: solo nel corso dell’ultima settimana, il biglietto verde è cresciuto dell’1,49% sull’euro.

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