Il presidente dell’Italia dei Diritti: “L’esternazione del mio sentimento solidale, oltre che doverosa, a tutela dell’imprescindibile diritto costituzionale della libertà di stampa, affonda le sue radici inevitabilmente altresì in motivazioni del tutto soggettive, essendo stato vittima io stesso di un’aggressione e di minacce di morte da parte di Armando Spada“.
Roma – La giornalista di Repubblica Federica Angeli, che dal 2013 vive sotto scorta per aver denunciato lo strapotere dei clan a Ostia, in particolar modo quello degli Spada, è stata destinataria di una busta contenente un proiettile recapitata alla redazione del Fatto Quotidiano. La Squadra Mobile della Questura capitolina ha sequestrato il materiale e ha avviato un’attività di indagine insieme alla Digos. Di recente la Angeli era stata escussa come teste in aula nel processo che vede alla sbarra il boss Armando Spada, il quale nel 2013 l’aveva minacciata di morte.
Alla Angeli giunge l’espressione di solidarietà del presidente dell’Italia dei Diritti Antonello De Pierro, che purtroppo nel 2007 ha subito un’aggressione e minacce di morte a scopo intimidatorio proprio da Armando Spada, accompagnato sotto casa sua da Alfonso De Prosperis, noto imprenditore della lavorazione del ferro a Ostia e da sua moglie Angela Falqui, dopo che il giornalista romano aveva presentato delle denunce per degli abusi edilizi perpetrati sul territorio. Un episodio che gli è valso il triste e non invidiabile primato di primo professionista dell’informazione finito vittima di un esponente del clan Spada, dopo la stessa Angeli e Daniele Piervincenzi, vittima della ormai arcinota testata ricevuta da Roberto Spada, cugino di Armando.
“Esprimo la mia più totale vicinanza alla collega Federica Angeli — ha dichiarato il leader del movimento — donna e professionista coraggiosa che ha rinunciato, suo malgrado, alla libertà, essendo costretta a vivere sotto scorta, pur di adempiere compiutamente quel diritto-dovere impostole dall’attività lavorativa scelta, fedele al suo impulso dnatico di fornire un’informazione libera e incondizionata ai lettori del quotidiano per cui firma i suoi commendevoli articoli, sempre orientati verso la ricerca della verità ad ogni costo. L’esternazione del mio sentimento solidale, oltre che doverosa, a tutela dell’imprescindibile diritto costituzionale della libertà di stampa, a nome dell’Italia dei Diritti, che sono orgoglioso di presiedere, affonda le sue radici inevitabilmente altresì in motivazioni del tutto soggettive, essendo stato vittima io stesso di un’aggressione e di minacce di morte da parte di Armando Spada. A differenza dell’attenzione giustamente rivolta al caso di Federica, purtroppo, a causa di vari elementi e di un comportamento quantomeno un po’ distratto da parte di chi ha redatto l’informativa di P.G., il procedimento relativo al mio episodio è stato ascritto alla competenza decisionale del Giudice di Pace penale, anziché del tribunale, e non è mai giunto a sentenza essendosi arenato sugli scogli della prescrizione. E questo è successo innanzitutto perché i poliziotti della volante del commissariato di Ostia, intervenuti sul posto, si sono rifiutati, nonostante la mia insistenza, di sequestrare il bastone con cui Spada aveva posto in essere l’aggressione nei confronti miei e di mio fratello, il quale cercò di difendermi nella circostanza, e di perquisirlo. Paradossalmente furono loro, i coniugi Alfonso De Prosperis e Angela Falqui, i quali lo avevano accompagnato sotto casa mia per mettere in atto la sua azione delittuosa, a denunciare noi e Spada fu indicato come teste. Addirittura fu sostenuto che la coppia era stata costretta a far nascondere il ‘signor Spada’ in macchina, il quale si era spaventato della nostra presenza. Il bastone usato nell’aggressione era diventato uno strumento di difesa contro un pericoloso animale, un cucciolo di cane di sei mesi di vita, che io gli avrei aizzato contro. Queste e altre accuse ridicole e grottesche furono mosse nei nostri confronti, il tutto supportato da un’informativa redatta dai Carabinieri della stazione di Casal Palocco, in cui il teste Armando Spada veniva riportato senza riferimenti anagrafici afferenti alla data e al luogo di nascita e soprattutto senza alcun cenno alla caratura criminale del soggetto. E’ legittimo domandarsi la differenza tra le minacce di morte rivolte all’indirizzo di Federica, affidate alla decisione del tribunale, e quelle proferite nei miei confronti, peraltro accompagnate da un’aggressione con lesioni guaribili in 6 gg. s.c. per me e 8 gg s.c. per mio fratello, affidate alla competenza del Giudice di Pace. Per di più è alquanto singolare assistere a questa intermittente valutazione del contesto mafioso o agli stessi reati che assumono una gravità diversa secondo le circostanze. Una minaccia da parte di Armando Spada ha un valore diverso se rivolta a Federica Angeli invece che ad Antonello De Pierro, tra l’altro in quest’ultimo caso con annessa aggressione fisica? Ero presente in aula a piazzale Clodio quando Federica ha testimoniato contro Armando Spada. Devo dire che rivedere Armando Spada, sorvegliato a vista da quattro poliziotti penitenziari, dopo diversi anni mi ha fatto un effetto dirompente. Il procedimento che avrebbe dovuto garantire l’esercizio della mia pretesa punitiva è finito in prescrizione solo perché qualcuno ha usato superficialità in fase di indagini preliminari. E chi ha accompagnato in macchina Armando Spada ha continuato a girare indisturbato e a godere di numerose coperture istituzionali. Onestamente mi ha fatto sorridere il ministro dell’Interno Marco Minniti quando ha dichiarato, riferendosi alle risolute misure adottate nei confronti di Roberto Spada dopo la testata a Daniele Piervincenzi, che a Ostia non ci sono zone franche. Ebbene caro ministro Minniti sono costretto a contraddirla in quanto in via Peio, all’Infernetto, la zona franca purtroppo c’è ed è stata completamente abbandonata dalle istituzioni, anzi proprio grazie ad alcune cellule deviate di queste, persone in chiari rapporti con il clan Spada hanno potuto fare i loro comodi, sotto l’indifferenza e spesso favoriti da omissioni da parte di pubblici ufficiali dell’apparato che avrebbe invece dovuto invece garantire i controlli atti a impedire che ciò avvenisse. Pertanto, prima di fare tali affermazioni, le suggerisco di informarsi per evitare di essere poi smentito dai fatti. Faccia un giro in via Peio e si renderò conto lei stesso“.