Mercato dell’agrifood italiano è in salute malgrado la crisi

Dallo scoppio del Covid in poi, l’economia ha conosciuto soprattutto fasi di crisi e pochissimi periodi di slancio. Tuttavia, nonostante un clima generalmente cupo, il mercato dell’agrifood italiano corre veloce. E guadagna anche spazio a livello internazionale.

Lo stato del mercato dell’agrifood

agrifoodNel panorama globale, ci sono soprattutto pochi grandi attori che si spartiscono la torta del commercio internazionale sul mercato dell’agrifood.
Gli Stati Uniti hanno una quota di quasi il 10%, in valore sono 148 miliardi di euro. Poi ci sono Paesi Bassi, Germania e Francia.
Ma l’Italia corre, tanto che nel 2021 l’export italiano del settore ha raggiunto 52 miliardi di euro, un record.

Il ruolo dell’Italia

Il nostro Paese sfrutta soprattutto il traino di alimentari e bevande (+11,6%), ma segna performance notevoli anche per i prodotti agricoli (+8,8%). Le nostre vendite estere sono ingenti per quanto riguarda i prodotti lavorati (vini e spirit su tutti), mentre il nostro import è composto in larga misura da prodotti agricoli o comunque in fasi iniziali di lavorazione.
Alla fine il saldo commerciale sul mercato dell’agrifood è positivo per 4,6 miliardi. Complessivamente, siamo al nono posto tra gli esportatori mondiali e all’ottavo tra gli importatori, ma le medie mobili dell’uno e dell’altro stanno divergendo.

La composizione dell’agrifood made in Italy

In Italia il mercato dell’agrifood è caratterizzato da imprese principalmente di piccole dimensioni, eppure assai attive sul fronte internazionale.
Oltre agli storici mercati tradizionali come Germania e Stati Uniti, le aziende italiane guardano con interesse verso Paesi come Cina e Corea del Sud.

Prospettive

Lo scenario del mercato dell’agrifood rimane incoraggiante, tenuto conto che tra gennaio e marzo c’è stato un +19,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Significa che stiamo viaggiando su un sentiero trend following molto proficuo.

Ma è chiaro che ci sono rischi legati alle incognite del contesto internazionale, nonché all’aumento di prezzo delle materie prime agricole dovuto ai rilevanti costi energetici. Si pensi al caso del grano, le cui quotazioni hanno impennato per via del fatto che il conflitto ha coinvolto i due principali fornitori europei. Russia e Ucraina, inoltre, rappresentano più del 20% dell’export di mais e l’80% di olio di girasole.