L’intervista di Spoleto Arte a Maria Petrucci, pittrice e scultrice di Toffia

A breve uscirà il servizio a lei dedicato del Tgcom24 per il format “Arte in quarantena”. Cosa ne pensa di quest’iniziativa?

In questo momento in cui sembrano esistere solamente dolore e incertezze, portare  nelle case della gente l’arte che viene dall’inconscio è un buona cosa, dà speranza.

 

Nel suo percorso artistico si è dedicata tanto alla pittura quanto alla scultura. C’è un’opera a cui è particolarmente legata?

L’estro non privilegia l’una o l’altra forma artistica, fa emergere spontaneamente quello che in quel momento ho in mente e nell’inconscio, infatti non faccio disegni o bozzetti preparatori. Chiedermi se privilegio in particolare un’opera è come dire a una mamma quale figlio preferisce: per me sono tutte uguali.

 

Quanto c’è di Toffia e della sua gente nei suoi lavori?

I soggetti non li penso, vengono,  sono fine a se stessi e sono stati realizzati quasi tutti quando vivevo nei pressi di Mantova. Di Toffia probabilmente c’è la nostalgia. Una volta tornata, più che altro mi sono dedicata al paese che amo e donerò al Comune di Toffia, per i concittadini, il mio Museo.

 

Ci sono degli artisti che l’hanno particolarmente influenzata?

Faccio una premessa: ho molta fede in Dio, mi sono appellata sempre a Lui con tutte le forze e Lui mi ha aiutata a superare ogni dolore. Dio e l’arte non mi hanno mai tradito. Stranamente, sono entrata nel mondo dell’arte che non avevo mai sfogliato un catalogo o visitato una galleria. Cominciai con l’ambizione di fare dei quadri per la mia casa. Andando avanti, supportata da una spinta interiore, non mi è venuto in mente che potevo guardare a qualche pittore o scultore.

 

Nella sua vita ha assaporato molte soddisfazioni e tanti dispiaceri, tuttavia si è dimostrata sempre molto forte di fronte alle avversità. Che cosa si prova quando un critico le viene a dire di “cambiare mestiere”, cioè di passare dalla pittura alla scultura?

Ero così ignorante per capire… Con la pittura ero lanciata a livello nazionale, mentre avevo fatto solamente una scultura, quella esposta nella mostra a cui si fa riferimento quando mi venne detto questo. A me andava bene passare da un’espressione all’altra, ma costui dettava legge, mentre io desideravo continuare così, non avendo grandi pretese.

 

Come ha conosciuto Spoleto Arte e il suo presidente?

Nel 2014 mi arrivò un’email dall’associazione Spoleto Arte a cura di Vittorio Sgarbi, per una mostra a Palazzo Leti Sansi, a Spoleto e aderii. Un mio amico mi accompagnò, portavo in mostra una scultura.

Non sapevo allora che il signore che presentava l’evento ‒ mi sembra portasse una camicia azzurra ‒ fosse il Presidente. Apprezzai il suo modo di fare, nacque in me un’immediata simpatia che si è consolidata a Maranello e quando gentilmente venne a trovarmi nel museo a Toffia.