Un secretaire Garibaldino

GARIBALDI FU FERITO!

“Le danze erano già cominciate e attraverso tre, quattro, cinque saloni, giungevano dalla sala da ballo le note dell’orchestrina. Ed aspettiamo anche il colonnello Pallavicino, quello che si è condotto tanto bene ad Aspromonte.” Questa frase del principe Ponteleone sembrava semplice, ma non lo era. In superficie era una constatazione priva di senso politico, tendente solo ad elogiare il tatto, la delicatezza, la commozione, la tenerezza quasi, con la quale una pallottola era stata cacciata nel piede del Generale; ed anche le scappellate, inginocchiamenti e baciamani che la avevano accompagnata, rivolti al ferito Eroe giacente sotto un castagno del monte calabrese, e che sorrideva anche lui, di commozione e non già per ironia come gli sarebbe stato lecito (poiché Garibaldi, ahimé!, era sprovvisto di umorismo)……..Pallavicino fu sommerso nello spumeggiare profumato di un gruppo di signore. I suoi tratti coscientemente virili emergevano al disopra delle spalle candide, e giungevano sue frasi staccate. “Piangevo, contessa, piangevo come un bimbo;” oppure: “Lui era bello e sereno come un arcangelo.” La sua sentimentalità maschia rapiva quelle dame che le schioppettate dei suoi bersaglieri avevano di già rassicurato”.

Stiamo entrando a palazzo Ponteleone, dove si svolgerà il celeberrimo ballo che riepiloga simbolicamente la vicenda umana e storica narrata da Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo. E quale episodio poteva meglio illustrare il disilluso clima politico siciliano di quel novembre 1862 se non questa teatrale entrata in scena del deuteragonista di uno dei più amati e popolari episodi della saga Garibaldina? Con ironia (quella che mancava a Garibaldi) l’autore fa rievocare alle parole del compiaciuto colonnello la scena dell’ormai mitico ferimento ed arresto dell’Eroe, perché “Garibaldi sta bene, e si può essere di volta in volta con lui e con i Borboni”… perché la storia è così e (come afferma il principe Salina) In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare” (S. Comes . Chiaroscuro di un mito).

I fatti sono noti: il 29 agosto del 1862 Garibaldi, ferito ad un malleolo (e non ad una gamba, come nella famosa cazonetta), si trovava appoggiato ad un pino (ancor oggi esistente) con in bocca un mezzo toscano. Mentre riceveva le prima cure dai tre chirurghi aggregati alle truppe volontarie, viene raggiunto da un tenente dell’esercito Regio, che senza scendere da cavallo, in tono insolente, gli intima la resa. Il Generale lo fa disarmare (!!). A questo punto compare il nostro Colonnello Parravicini, che ripete la richiesta ma “dopo essere sceso da cavallo, parlandogli all’orecchio e con la dovuta cortesia. Tra i bersaglieri Garibaldi riconobbe soldati ed ufficiali che erano stati con lui in campagne precedenti: li vide rattristati e contriti. E v’è da crederlo. Il generale venne adagiato su una barella di fortuna, e trasportato a braccia in direzione di Scilla” (da Wikipedia, alla voce “arresto di Garibaldi”).

Quante volte, da allora, questa scena è stata rappresentata in resoconti, diari, dipinti, stampe che hanno nutrito la fantasia popolare con l’immagine dell’Eroe-martire accanto alle più gloriose gesta del Generale. In un racconto di Gozzano, la testimonianza di una “vecchia signora” ci offre uno spaccato della diffusione del mito: ”Sopra tutto sognavo; e, come ogni fanciulla d’allora, deliravo per Garibaldi. Non l’avevo mai visto, non l’avrei visto mai; forse per questo l’adoravo di più. Conoscevo tutto di lui, attraverso libri e giornali, possedevo una raccolta segreta di litografie dove potevo seguirlo in ogni sua gesta: l’incontro con Anita, Garibaldi duce della legione di Montevideo, Garibaldi agricoltore a Caprera, Garibaldi che medita la spedizione dei Mille, Garibaldi ferito dopo i giorni d’Aspromonte”.

Questa popolarità non rende tuttavia meno unico il pezzo di antiquariato che la Cooperativa Di Mano in Mano propone in occasione dell’annuale Fiera dell’Antiquariato che si terrà nei giorni 14, 15 e 16 Novembre presso il nostro mercatino dell’usato di Cambiago.

Si tratta di un Secretaire lastronato sul fronte in noce rigatino con filettature ed intarsi a racemi in acero e palissandro, con tre cassetti ed anta a ribalta aperta da meccanismo segreto. All’interno presenta un interessante scarabattolo in ciliegio, composto da sei cassettini con un’arcatina centrale traforata a giorno sostenuta da quattro colonnine ebanizzate e con un cassettino segreto con apertura a molla. L’aspetto però più interessante dal nostro punto di vista risulta essere l’anta della ribalta: qui compare un medaglione intarsiato con più essenze,raffigurante la nostra scena: Garibaldi in piedi(!) ma appoggiato al famoso pino (o castagno?) curato da un medico e circondato da vari personaggi, riceve l’omaggio deferente del colonnello dei bersaglieri, mentre con il braccio alzato indica qualcosa in lontananza.

La presenza di tale intarsio aggiunge indubbiamente al pezzo, già pregevolissimo, un particolare interesse storico, soprattutto considerando quella che si presenta quasi come un piccolo “giallo”: sul pianale dello scarabattolo si trova infatti la “firma” dell’ebanista : “Scamuzzi Clemente da Monferrato fecit in Chiavari nel 1862”. Ci troviamo quindi di fronte ad una rappresentazione storica quasi in “presa diretta”, considerando che l’episodio risale all’agosto dello stesso anno 1862. E chi poteva essere il committente di questo particolarissimo mobile proprio in quel regno Sabaudo in fondo responsabile dell’increscioso episodio, pur con tutto il rispetto e la deferenza per l’Eroe?

Risposte non ne abbiamo trovate. Resta l’ammirazione e la sensazione, ben conosciuta da tutti gli appassionati di antiquariato di ogni genere, di “entrare” attraverso questo pregevole oggetto in un’epoca che non ci appartiene più, ma che fa parte della nostra storia.

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