Inflazione, la FED è passata al contrattacco ma non sarà facile

L’aumento dell’inflazione è stato uno dei gravi problemi che ha agitato le politiche delle banche centrali, e c’è chi avverte sul pericolo che questo tema rimarrà molto caldo ancora per parecchio tempo.

Il cambio di retorica sull’inflazione

Finché ha potuto, la Federal Reserve (ma anche la Banca Centrale Europea e gli altri grandi istituti centrali) ha parlato di fiammate temporanee.
Nel momento in cui si è palesato il pericolo che la crescita dell’inflazione non fosse solo più temporanea, ma strutturale, c’è stata la svolta nelle politiche monetarie. La Fed per esempio a marzo comincerà a ritoccare all’insù i tassi di interesse.
Tuttavia potrebbe non essere così semplice riuscire a riportare verso il basso l’inflazione.

L’oro e i precedenti di super-inflazione

inflazioneA fornirci una spia di allarme in questo senso è l’andamento dell’oro. Il metallo prezioso da sempre è considerato un bene rifugio, in quanto riserva di valore che preserva il portafoglio in tempi di alta inflazione.
Bisogna fare un passo indietro e considerare che il prezzo del metallo prezioso tra il 2013 e il 2019 ha oscillato in un range ristretto, con una media di 1250 dollari l’oncia. Nel 2021 l’intervallo di negoziazione è stato estremamente più alto, vicino ai 1800 dollari l’oncia.

La crescente incertezza legata alla pandemia e la necessità di politiche fiscali non convenzionali è molto importanti, hanno spinto il metallo prezioso verso nuovi massimi e contemporaneamente verso un più alto intervallo di negoziazione.
La crescita del metallo prezioso non è stata dovuta alla forte domanda di investimenti, ma soprattutto alla grande domanda di metallo fisico da parte di banche centrali.

Percezione tardiva del pericolo

È interessante notare come negli ultimi 50 anni si siano vissuti solo altri due periodi di grave inflazione. Negli anni 70 del secolo scorso, e tra il 2003 e il 2008.
In entrambe queste fasi, l’oro ha dapprima sottoperformato le altre materie prime (come successo nel 2021) ma in seguito ha sovraperformato.

Questo fa capire che i mercati finanziari sembrano trascurare l’oro è l’inflazione, fin quando la situazione non diventa davvero seria. Hanno cioè un market to limit sfasato, troppo alto.
Che lo sia in questo periodo storico lo dimostra la svolta rigorista della Federal Reserve, come abbiamo accennato all’inizio.

L’oro e le strette monetarie precedenti

A questo punto è necessario fare un altro viaggio nei precedenti storici. Nei mesi che hanno preceduto ogni rialzo dei tassi di interesse di ciascun ciclo di restrizione monetaria, cosa avvenuta nel 1999, 2000 e 2015, l’oro ha perso tra il 5 e il 10% del suo valore nel semestre che ha preceduto un rialzo. I dati Quotex evidenziano che in quello successivo è invece schizzato verso l’alto tra il 10 e il 20%.
La debole performance che ha avuto il metallo prezioso nel 2021, potrebbe quindi essere il riflesso di un normale andamento storico che precede le strette monetarie. Significherebbe che nel 2022 il metallo prezioso potrebbe vivere un anno davvero interessante, assaltando i suoi vecchi record.