La Bohème a Cagliari

Grande assente dal 2003, è tornata in Sardegna, al Teatro Lirico di Cagliari, per la regia di Giancarlo Del Monaco, La Bohème.
L’opera suprema di Giacomo Puccini, inserita nell’ambito di una serie di grandi eventi sardegna che la regione sta organizzando, è stata messa in scena nel capoluogo sardo dal 8 al 17 gennaio, riscuotendo grande successo di pubblico.

L’opera, in quattro quadri, su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, ha come protagonisti quattro giovani artisti, un poeta, Rodolfo, un pittore, Marcello, un filosofo, Colline, e un musicista, Schaunard, che conducono una vita allegra e spensierata nella Parigi del 1830.

La vicenda ha inizio il giorno della vigilia di Natale, quando i quattro amici, riuniti nella casa di Rodolfo e Marcello, decidono alla sera di andare al Café Momus. Marcello, Colline e Schaunard escono, mentre Rodolfo si attarda un po’ in casa per terminare l’articolo per il giornale ‘Il Castoro’; inaspettatamente egli riceve la visita di Lucia, detta Mimì, giovane vicina di casa che, essendosi spento il suo lume, cerca una candela per riaccenderlo. Entrata in casa di Rodolfo, la ragazza si sente male, e, perduta la chiave della sua stanza, si trattiene a parlare col padrone di casa: il primo quadro si conclude con i due che, già innamorati, si baciano e, a braccetto, escono insieme per raggiungere gli amici di Rodolfo al Café Momus.

Il secondo quadro è ambientato al Café Momus, nel quartiere latino, dove Rodolfo, dopo averle regalato una cuffietta rosa, presenta Mimì agli amici e tutti insieme siedono a un tavolo ordinando una ricca cena. Al café arriva anche la bella ed esuberante Musetta, vecchia fiamma di Marcello che lo aveva lasciato per nuovi amori. Musetta entra in scena, elegantemente vestita, accompagnata da Alcindoro, un vecchio ricco e ridicolo che è il suo amante attuale. Riconosciuto Marcello, Musetta fa di tutto per attirare la sua attenzione, e fa allontanare Alcindoro chiedendogli di portare una sua scarpa dal calzolaio. Marcello alla fine cede alle civetterie di Musetta, e il quadro si conclude con i due che fuggono insieme al gruppo di amici, lasciando ad Alcindoro il conto da pagare.

Inizia il terzo quadro e siamo già nel mese di febbraio: la scena è ambientata all’esterno di un cabaret, dove Marcello e Musetta lavorano insieme. È l’alba, nevica, e Mimì, pallida e ammalata, sopraggiunge in cerca di Rodolfo. Ha quindi un colloquio con Marcello, a cui confida che, seppur ancor innamorata di Rodolfo, la vita con lui è diventata impossibile per via delle liti e della gelosia, e assiste successivamente, di nascosto, al dialogo tra Rodolfo e Marcello. Rodolfo gli rivela che Mimì è gravemente ammalata, è infatti affetta da tubercolosi, e che lui sta tentando di allontanarla accusandola di infedeltà e leggerezza perché non vuole farla vivere nella sua fredda soffitta dove il suo stato di salute sta peggiorando. Un singhiozzo di Mimì ne svela la presenza, e ha inizio così una delle parti più belle dell’opera, l’appassionato dialogo d’amore tra i due amanti, che ricordano con nostalgia i momenti felici vissuti insieme e che decidono di rimandare la separazione alla fine dell’inverno. Al loro dialogo si intreccia la lite accesa tra Marcello e Musetta, a cui il pittore fa una violenta scenata di gelosia dopo averla scoperta civettare con un cliente del locale. Musetta di fronte alla gelosia dell’amante si infuria, e anch’essi si separano.

L’opera, di nuovo ambientata per il quarto e ultimo quadro nella casa di Rodolfo e Marcello, si conclude con la morte di Mimì.
La scena ha inizio con i due amici che, ormai da qualche tempo separati da Mimì e Musetta, si confidano le rispettive pene d’amore. A loro si uniscono prima Colline e Schaunard, che portano una magra cena, e poi, inaspettatamente e all’improvviso, Musetta e Mimì, che, essendosi resa conto di essere arrivata irrimediabilmente alla morte, ha chiesto a Musetta di accompagnarla da Rodolfo per rivedere e salutare il suo grande amore.
Mimì, adagiata sul letto e circondata dagli amici, fa in tempo a bere un cordiale e a ricevere in dono, con sua grande gioia, un caldo e morbido manicotto, che ella crede un dono di Rodolfo ma che in realtà è stato comprato da Musetta, che per acquistarlo ha dovuto vendere i suoi orecchini e Colline impegnare il suo vecchio pastrano. Inoltre Rodolfo le restituisce la sua cuffietta rosa, che teneva ancora conservata sotto il materasso.
Mentre Musetta prega per la salvezza dell’amica, Mimì muore quietamente; all’inizio sembra assopita, e nessuno si accorge della sua morte. Il primo a rendersene conto è Schaunard, che lo confida a Marcello. Rodolfo continua a illudersi che Mimì stia semplicemente dormendo, finché dal contegno e dagli sguardi bassi e tristi degli amici anche lui si rende conto che la sua amata è morta. Si getta quindi piangendo sul corpo di Mimì gridandone disperato il nome.

Si conclude così anche a Cagliari La Bohème: la musica finale di Puccini, che accompagna la disperazione di Rodolfo di fronte al corpo senza vita di Mimì e al suo viso più pallido che mai, fa commuovere pubblico, strappandogli un applauso senza fine.
Ci si riesce a ricomporre solo grazie alla passerella finale degli attori che escono a salutare il pubblico.

Fantastiche e particolarmente toccanti le poche frasi finali recitate in prosa da Rodolfo, quando, ancora ignaro e speranzoso, reagisce al contegno degli amici e si rende conto anche lui della morte dell’amata Mimì.

Nelle rappresentazioni si sono alternati a Cagliari due cast prestigiosi: Massimiliano Pisapia / Leonardo Capalbo nei panni di Rodolfo, Enrico Maria Marabelli / Daniel Billings in Schaunard, John Pickering nelle vesti di Benoît e Alcindoro, Francesca Sassu / Hyun Kyung Son in Mimì, Adrian Gans / Giovanni Guagliardo in Marcello, Riccardo Ferrari / Konstantin Gorny in Colline, Elisabetta Scano / Soojin Moon in Musetta, Moreno Patteri in Parpignol, Giampaolo Ledda nel ruolo di un venditore, Alessandro Frabotta come sergente dei doganieri, e Alessandro Perucca nei panni di un doganiere.

Un plauso particolare va fatto alle uniche due voci sarde della compagnia, Francesca Sassu (Mimì), soprano sassarese, ed Elisabetta Scano (Musetta), soprano cagliaritano.
Farncesca Sassu è stata perfetta nel ruolo di Mimì, intensa, emozionante, e soprattutto giovane, coi suoi 25 anni, per giunta non dimostrati.

Applausi sentiti anche per il direttore dell’orchestra, del Coro e del Coro di voci bianche, Anthony Bramall. Maestro del coro è stato Fulvio Fogliazza, maestro del coro di voci bianche Enrico Di Maira.

Bellissime e fedeli le scenografie: scarno e povero ma perfetto, nella prima e nell’ultima scena, l’appartamento di Rodolfo; spumeggiante, ricca, festosa, colorata, quella della seconda, che ha trasformato il caffè Momus, che nella realtà era un piccolo café-chantant, in un locale-piazza dove addirittura irrompe l’auto con a bordo Musetta e Alcindoro; altamente suggestiva quella della terza scena: quando si apre il sipario, con i fiocchi di neve che cadono e l’aria piena di foschia, realisticamente riprodotta grazie all’utilizzo di un tulle per separare il palcoscenico dalla sala, sembra quasi di sentire il freddo sulla propria pelle.

La regia di Giancarlo Del Monaco ha riproposto particolari apprezzabili come, in primis, il ritorno ai quattro atti distinti e separati da tre intervalli di un quarto d’ora ciascuno, rendendo così più scorrevole la rappresentazione della drammatica storia d’amore di Mimì e Rodolfo.

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