Big data: tesoro o minaccia? L’approfondimento di Federico Motta Editore

Simbolo di cultura e autorevolezza, Federico Motta Editore interviene su molte tematiche attuali: un ultimo articolo si è focalizzato sui big data.

Federico Motta Editore

Federico Motta Editore: l’utilità dei big data

Il web è oggi diventato uno strumento utilizzato anche per studiare il comportamento delle persone, con analisi che si concentrano su abitudini e interessi. Questo è possibile proprio grazie ai big data, ovvero quell’enorme raccolta di dati provenienti dalla navigazione in rete. Ma come vengono ricavati questi dati e a cosa servono? Quando Internet nacque nel 1969 all’interno del progetto Arpanet, ancora non si sentiva molto parlare di big data. Dato il grande valore che subito dimostrò di avere per tutti i campi del sapere, incluso quello della cultura (basti pensare ad esempio all’innovazione che apportò Federico Motta Editore quando lanciò l’Enciclopedia Motta online), internet si diffuse rapidamente in tutto il mondo, attraendo miliardi e miliardi di utenti. Gli internauti, navigando sul web, hanno iniziato a lasciare una serie di tracce digitali che oggi indichiamo appunto con il termine big data, che vengono immagazzinate all’interno di database, per poi essere processate allo scopo di ricavare dati per analisi statistiche.

Federico Motta Editore: il rapporto tra big data e privacy

In un estratto che si può ritrovare anche su l’Età Moderna di Federico Motta Editore, il sociologo Manuel Castells parla di internet come uno spaventoso strumento di repressione in un’eventuale dittatura globale. Allo stesso tempo, ammette il sociologo, può però rivelarsi un mezzo per i cittadini per controllare la trasparenza delle amministrazioni. L’utilizzo dei big data ha in effetti destato non poche preoccupazioni a livello globale in merito al difficile rapporto che questi avrebbero con il rispetto della privacy. Lo spropositato uso di tali tecnologie per scopi commerciali non ha fatto altro che acuire il dibattitto, riportato tra l’altro anche da Michela Nacci nelle pagine di Historia. Come sempre, bisognerebbe però valutare entrambi i lati della medaglia e comprendere che non sono le nuove tecnologie ad essere buone o cattive, ma è l’utilizzo che se ne fa a conferire loro attributi positivi o negativi. Sebbene infatti in molti utilizzino i dati per fini commerciali, c’è anche chi li usa per scopi scientifici. Durante le epidemie di influenza, per esempio, si è fatto ricorso a Google per monitorarle attraverso lo studio della frequenza con cui venivano cercati i sintomi della malattia.