Imparare a litigare … la mediazione dei conflitti a scuola

In questo articolo la psicologa Tiziana Giancola espone  alcune riflessioni sulla conflittualità tra ragazzi a scuola.

Le giovani generazioni sono chiamate sempre più a riconoscere  le differenze individuali e a rispettarsi reciprocamente comprendendo le ragioni dell’altro. La capacità di entrare in relazione con l’altro e la competenza a gestire in modo alternativo i conflitti sono infatti obiettivi educativi rilevanti nella società di oggi. La scuola ha dunque la responsabilità educativa di formare persone capaci di stare bene con gli altri e, più di ogni altra organizzazione sociale, è chiamata ad intervenire nella gestione dei conflitti che, a più livelli, in essa si verificano.

Uno degli obiettivi della scuola riguarda l’educazione delle abilità comunicative e relazionali che possono favorire il benessere e permettono di prevenire rischi di disagio psicosociale.

Perseguendo queste finalità la scuola dovrebbe permettere agli alunni di sperimentare occasioni di crescita personale, di soddisfazione emotiva attraverso l’acquisizione e lo sviluppo di comportamenti prosociali, di  atteggiamenti empatici come la capacità di comprendere  l’altro e lo sviluppo di atteggiamenti cooperativi come disponibilità a fare insieme.

Il benessere degli alunni è fortemente legato alle dinamiche relazionali vissute in classe e nel contesto scolastico. Accade spesso che la scuola diventi teatro di forti conflittualità tra ragazzi e che si trovi impreparata nell’affrontare queste situazioni se non attraverso provvedimenti disciplinari che non permettono una vera crescita ma non fanno altro che acuire i sentimenti di rabbai vissuti dagli alunni protagonisti di questi episodi.

La scuola può riconoscere nei programmi di mediazione scolastica una possibile risorsa per affrontare le conflittualità che si sviluppano al suo interno tra i vari attori sociali: alunni, insegnanti, personale non docente e genitori.

Ardone e Baldry (2003) definiscono la mediazione come un “atteggiamento”, una propensione, un modo di vivere la scuola e i conflitti che in essa scaturiscono, non come una risoluzione definitiva. Il mediatore, infatti, rappresenta il facilitatore di un processo di cambiamento,  diventa risorsa e patrimonio per tutti i protagonisti della scuola; il suo ruolo è favorire la comunicazione tra le parti, ha il compito di creare le premesse affinché ci sia la disponibilità ad ascoltare il punto di vista dell’altro e accompagna le parti in conflitto verso una soluzione che le veda entrambi soddisfatte.

Le metodologie della mediazione scolastica permettono di trasformare episodi conflittuali in occasioni di scambio e di conoscenza tra i ragazzi nelle situazioni scolastiche concrete attraverso l’apprendimento e l’applicazione di metodi alternativi di gestione delle controversie.

L’acquisizione delle competenze sociali permette alle persone di relazionarsi in modo significativo con gli altri. Le competenze sociali principalmente chiamate in causa nel processo di mediazione sono l’atteggiamento cooperativo inteso come disponibilità a tenere conto dei propri ed altrui obiettivi, l’empatia come capacità di comprendere profondamente le emozioni dell’altro e la capacità di mettersi nei panni degli altri.

Se fino al secolo scorso la Scuola veniva considerata esclusivamente l’istituzione deputata a diffondere l’alfabetizzazione alla cultura, oggi le dinamiche che stanno contribuendo a ridefinirne il profilo, non fanno altro che confermarle responsabilità educative e sociali decisamente più impegnative. Diventa fondamentale promuovere al suo interno comportamenti responsabili di cittadinanza attiva che si rivelino in grado di diffondere la cultura dell’incontro, del rispetto, dell’accettazione e della solidarietà.

E’ bene dire subito che applicata all’ambito scolastico, la mediazione non va affatto confusa, né intesa da parte dei docenti come una nuova norma disciplinare, deve essere considerata e valorizzata  come un processo flessibile in grado di rigenerare nelle relazioni interpersonali spazi di ascolto e di comunicazione. Nei processi di  mediazione l’ascolto assume il significato di una vera e propria azione emotiva ed intellettuale; si parla, infatti, di ascolto attivo ovvero di  un metodo vero e proprio al quale nelle dinamiche di mediazione le parti antagoniste vengono educate.

Un’altra componente fondamentale della mediazione, che nasce dall’acquisizione della consapevolezza di poter accettare l’altro, è l’accoglienza. Nella mediazione l’accoglienza avviene attraverso lo sviluppo di alcune dinamiche legate innanzitutto alla disponibilità a mettersi nei panni dell’altro, alla capacità di sospendere i giudizi nei suoi confronti e alla volontà di instaurare un rapporto consapevole e, nel tempo, più sereno.

Si tratta di due passaggi fondamentali per recuperare una buona comunicazione che, soprattutto nella scuola, non assume solo il valore della prevenzione per il disagio ma diventa anche una premessa indispensabile per raggiungere risultati positivi sia per l’insegnamento che per l’apprendimento.

Esiste quindi lo spazio per iniziare a consolidare sfide educative nuove, fondate sul recupero delle capacità di dialogo, di scambio, di consapevolezza e, soprattutto, di competenza comunicativa. Quella che sempre più emerge é infatti l’esigenza di un recupero del linguaggio emozionale nei rapporti relazionali; riuscire a riconoscere preventivamente i bisogni, gli interessi e i valori dell’altro può arrivare ad  evitare l’emersione stessa del conflitto. Bisogna allora educare ed educarsi, all’interno delle comunità scolastiche, per aiutare i bambini e i ragazzi a ritrovare quelle potenzialità umane necessarie a ricondurre ogni relazione su basi di chiarezza comunicativa.