BlackRock / Larry Fink: occorre abbandonare la cultura del breve termine

BlackRock, la più grande società di investimento nel mondo che gestisce un patrimonio totale di 4.600 miliardi di dollari, chiede alle tante grandi aziende di cui è azionista di adottare un approccio diverso. «Ciò di cui hanno veramente bisogno gli investitori e le altre parti interessate – scrive Larry Fink – è una prospettiva sul futuro»

Larry Fink BlackRock Pensate meno al breve termine

Per gli amministratori delegati e le aziende quotate che essi guidano, è tempo di un radicale cambio di approccio: devono abbandonare la cultura del breve termine che troppo spesso domina le loro scelte, «l’isteria degli utili trimestrali», e concentrarsi molto di più sulla strategia di crescita nel lungo periodo. Ma in modo ancora più urgente, i manager e i consigli di amministrazione dovrebbero cambiare un aspetto specifico di questa cultura: l’eccesso di dividendi azionari in proporzione agli investimenti e, soprattutto negli Stati Uniti, un netto colpo di freno all’uso della cassa aziendale per il riacquisto di azioni.

È un programma ambizioso, ma articolato da quella che forse è la personalità del settore privato più autorevole e influente sui mercati finanziari oggi: Larry Fink, presidente e amministratore delegato di BlackRock. Con 4.600 miliardi di dollari in gestione dalla clientela e 135 squadre di investitori in tutto il mondo, BlackRock è da tempo il più grande protagonista sui mercati globali. In molti Paesi, fra i quali l’Italia, è il primo fra i primissimi azionisti delle aziende quotate sui listini principali. Non c’è quasi blue chip di Piazza Affari che non veda il gruppo di Larry Fink fra i primi soci.

Per questo l’appuntamento annuale di questi giorni, la lettera di Fink ai Chief Executive Officers delle migliaia di grandi aziende di cui BlackRock è socia, non è solo una formalità. Nella missiva di quest’anno, che presentiamo qui nella sua versione originale in esclusiva per l’Italia, il leader del più grande gestore del mondo non si nasconde dietro frasi diplomatiche nel puntare il dito su quelle che a suo avviso sono le distorsioni di Wall Street: «I dividendi pagati dalle aziende dello S&P 500 (il listino principale della Borsa di New York, ndr) nel 2015 sono arrivati alla proporzione più elevata degli utili dal 2009». Questo rischio di eccesso, secondo le analisi di BlackRock, è presente anche in Europa.

Negli Stati Uniti poi si è diffusa sempre di più un’altra caratteristica che penalizza gli investimenti e i piani di crescita delle imprese nel lungo periodo: «Al terzo trimestre del 2015, i riacquisti di azioni sono cresciuti del 27%», rispetto a un anno fa. L’obiettivo, comprensibile, è di restituire cassa agli azionisti sostenendo i titoli in Borsa. Ma, avverte Fink, non deve accadere «a spese degli investimenti che creano valore.

Per questo BlackRock chiede alle tante grandi aziende di cui è azionista di adottare un approccio diverso. «Ciò di cui hanno veramente bisogno gli investitori e le altre parti interessate – scrive Larry Fink – è una prospettiva sul futuro». I fronti sui quali i consigli di amministrazione devono fare chiarezza, si legge nella lettera, sono quelli più rilevanti per i piani futuri: «Come l’azienda sta navigando nel panorama della concorrenza, come sta innovando, come si sta adattando alle sfide della rivoluzione tecnologica o agli eventi geopolitici, dove sta investendo e come sta sviluppando i suoi talenti».

Non solo e, secondo Fink, non devono rimanere solo vuoti slogan: «Le aziende dovrebbero lavorare per sviluppare parametri finanziari – adatti ad ogni impresa e ogni settore – che sostengano una cornice di crescita di lungo periodo». La proposta di BlackRock è che anche i manager siano in parte pagati in base a questi valori che vanno ben oltre i dati di un trimestre o di un anno.

Il rischio secondo Fink, e il suo monito agli amministratori delegati, è chiaro: «Senza piani chiaramente articolati, le aziende rischiano di perdere la fiducia degli investitori – si legge -. Inoltre, le aziende si espongono alle pressioni di investitori concentrati nel massimizzare i profitti di breve termine a spese del valore di lungo termine». Fink non propone di rinunciare all’uso delle relazioni trimestrali. Ma queste devono diventare piuttosto un «elettrocardiogramma» di una strategia di lungo respiro, senza l’ossessione degli utili per azione e delle previsioni a loro riguardo. Quanto a questo, taglia corto Fink, «invitiamo le aziende a distogliersi dal fornirle».

Fonte Corriere della Sera