Ricchiuti – PPI – : ”Studi di settore, ovvero come ti ammazzo le imprese”

Roma, 14/10/2014 (informazione.it – comunicati stampa – politica e istituzioni)

Se gli studi di settore erano uno strumento intollerabilmente vessatorio sotto Visco, Dini, Tremonti e Padoa Schioppa, Monti, continuano ad esserlo anche durante la reggenza di mago Merlino da Firenze . Dovrebbe essere chiaro, ma il fatto è che fa sinceramente male vedere che il governo che dovrebbe Salvare l’Italia, Liberarla e farla Crescere, si occupi di tutto tranne di chi il lavoro lo crea in Italia.

Gli studi di settore non sono solo uno dei tanti strumenti che rendono complicata la vita dei lavoratori autonomi e delle imprese, e parlarne non significa solo parlare di quanto sia pesante e insostenibile la pressione fiscale in questo disgraziato paese. Ciò che rende intollerabili gli studi di settore è che obbligano chi guadagna poco a dichiarare di più, mentre consentono a chi guadagna tanto di dichiarare di meno. In questo senso si configurano, di fatto se non di diritto, come una sorta di condono fiscale permanente, e sarebbe stato legittimo aspettarsi, dal Presidente del Consiglio che ha più volte dichiarato come tutti i falsi moralisti “mai più condoni” un comportamento più coerente con le promesse.
Perché gli studi di settore, stabilendo a priori un ricavo “congruo” per ogni tipo di attività e inducendo ogni contribuente ad adeguare le dichiarazioni dei redditi a quella cifra, pena controlli fiscali induttivi in cui l’onere della prova è rovesciato, costringono giocoforza chi ha guadagnato meno a dichiarare di più. Al tempo stesso forniscono seduta stante l’assoluzione per chi, pur avendo guadagnato di più, dichiarando un reddito “congruo” alle stime dello studio di settore, si vede d’incanto escludere dalle liste dei contribuenti a controllo. Se gli studi di settore, da quando sono stati istituiti, hanno generato un aumento del gettito fiscale, questo è dovuto quindi a un sistema ferocemente regressivo (i poveri pagano più dei ricchi, gli onesti più dei disonesti, le nuove imprese più degli insider), tanto più regressivo in un periodo di crisi economica,in cui le consuete corse tardo primaverili di artigiani e imprenditori alla ricerca di fatture fasulle da emettere per riuscire a risultare congrui hanno davvero il sapore di una beffa indigeribile.

E poi, magari, cominceremo anche a porci qualche domanda sulla strana accondiscendenza che le associazioni di categoria hanno verso gli studi di settore, laddove le critiche sono rivolte per lo più al sistema di calcolo e alle applicazioni (all’altezza dell’asticella, insomma) che allo strumento in sé. Forse, tra miracolati e tartassati dagli studi di settore, tra insider e outsider, coloro che dovrebbero tutelare gli interessi di imprenditori, commercianti ed artigiani hanno già scelto da tempo chi rappresentare.

Lino Ricchiuti
Portavoce Nazionale
movimento politico Popolo Partite Iva

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