Il Testimone nel Procedimento Penale

Nel nostro procedimento penale il ruolo del testimone è uno degli elementi più determinanti in un processo, sia lo studio legale delegato alla difesa dell’imputato sia il pubblico ministero puntano molto sul testimone per rendere credibili le proprie tesi di fronte al giudice e alla giuria.
Con l’introduzione del codice di rito del 1988 nel nostro ordinamento sia lo studio legale della difesa che il pubblico ministero possono rivolgere direttamente le domande ai testimoni convocati per il processo.
Questo ha permesso di rendere l’esame del testimone un fondamentale strumento per l’ accertamento della verità processuale, data l’importanza del testimone il legislatore ha ritenuto opportuno inquadrare l’esame del testimone secondo alcune regole.
Quando l’esame al testimone è fatto dalla parte che ha richiesto l’audizione sono vietate le domande ritenute nocive che tendono a confondere la sincerità della risposta dell’interpellato, allo stesso modo non devono essere fatte domande che tendono a suggerire la risposta.
Queste limitazioni cercano di bilanciare il fatto che lo studio legale o il pubblico ministero che convochino un testimone ritengono questo un punto di forza della propria tesi e per questo non sia opportuno che questi guidino in modo manipolatorio il test durante l’esame.
Al contrario quando lo stesso testimone verrà interrogato dalla controparte questa avrà una maggiore libertà di azione durante l’interrogatorio.
Durante il controesame di un testimone la controparte ha il fine di diminuire la credibilità della testimonianza resa, nonostante siano vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte alla parte avversa è concesso fare domande che suggeriscono la risposta.
Questa libertà è stata concessa dal legislatore in quanto si da per scontato che il testimone avverso alla parte che lo sta interrogando non potrà essere facilmente fuorviato sulle risposte che evidentemente non collimeranno in partenza con quelle suggerite da chi lo sta interrogando.
Questo atteggiamento renderà anche più veritiera la testimonianza se questa risulterà credibile al punto di non vacillare di fronte a domande poste in modo insidioso.
Una volta terminato il controesame della parte avversa, la parte che ha chiamato la persona a testimoniare ha la facoltà di un altro riesame in modo di avere la possibilità di correggere eventuali incongruenze che potrebbero essere emerse durante il controesame.
Il riesame finale è concesso alla parte che ha convocato la persona interrogata per controbilanciare la maggiore libertà di azione concessa alla parte avversa nel porre le domande al testimone.
Nel corso delle varie fasi in cui il testimone viene interrogato sia dagli avvocati dello studio legale difensivo sia dal pubblico ministero, il Presidente del Tribunale che presiede il dibattimento ha facoltà di intervenire d’ ufficio o in seguito alle obiezioni poste dalla parte avversa.
Questo è necessario per evitare che vengano poste domande non concesse dalla legge, tra le principali obiezioni sollevabili ci sono le domande nocive e quelle non pertinenti all’ oggetto di imputazione.
Resta comunque inteso il libero arbitrio del giudice nell’accoglimento o nel rigetto delle obiezioni poste dalle parti in causa.