Ricerca ed odontoiatria: i cannabinoidi e le terapie parodontali.

L’eminente testata scientifica americana Journal of Neuroinflammation ha recentemente pubblicato una approfondita ricerca sull’interazione che hanno i cannabinoidi con le malattie del parodonto, e dunque sul loro utilizzo terapeutico. La ricerca e’ stata scritta dal parodontologo statunitense Alvin H. Danenberg, e si basa su un indagine di tipo longitudinale.

Nell’organismo umano ci sono diversi recettori ai cannabinoidi, 2 tipi sono stati ben individuati negli anni novanta e sono il CB1 ed il CB2, questi recettori si trovano in gran misura nell’encefalo ed azionando la loro stimolazione si innesca l’inibizione dell’enzima adenilato ciclasi, causando la mancata produzione di adenosina monofosfato ciclico (metabolita delle cellule). Questo meccanismo procura innumerevoli proprieta’ ai cannabinoidi, dalla loro azione antinfiammatoria a quella antiossidante, ma possiede anche effetti antiemetici, antispastici, ipotensivi ed analgesici.

La nostra attenzione, in relazione alla malattia parodontale (volgarmente detta “piorrea”), si posa su un cannabidiolo in particolare: il CBD. Già negli scorsi anni altre ricerche, in altri campi della medicina, si sono fortemente interessate a questo metabolita della Cannabis Sativa, ad esempio nel 2015, quando il Journal of Bone and Mineral Research, pubblico un’ampia indagine sui grandi miglioramenti che questo agente apporta nella ricomposizione delle fratture ossee.

Quindi si e’ visto, attraverso una lunga sperimentazione su animali, che l’effetto psicoattivo ridotto del CBO arresta la progressiva e continua perdita di materiale osseo nel corso di una parodontite cronica.

Ricordiamo che la malattia parodontale non trattata in maniera adeguata porta alla proliferazione di tasche sulle gengive, con la conseguente crescita delle popolazioni batteriche e quindi la distruzione di tutti i tessuti, tessuto osseo compreso. Questo degenerare della malattia rende assai piu’ difficoltoso intraprendere le giuste pratiche implantologiche atte a correggere edentulie parziali o totali; con la riduzione del volume osseo infatti l’implantologo non puo’ garantire protesi salde e durature nel tempo ai propri pazienti (spesso in questi casi si predispone un intervento chirurgico preliminare di innesto osseo, chiamato rialzo del seno mascellare.

Questi studi vanno ora confermati allargando l’osservazione alla specie umana, ma non dovremmo correre troppo con la fantasia prospettando che l’alimentazione, e dunque un approccio piu’ olistico, diventi preponderante nella cura delle infiammazioni parodontali, con l’apporto di integratori alimentari che contengano il CBD (ad esempio l’olio di canapa).

E’ naturale comprendere come, oltre all’azione diretta sul contenimento della perdita di osso, si possano impiegare al meglio tutte le proprietà di tali metaboliti, agendo cosi su tutti i sintomi sgradevoli della parodontite. Antinfiammatori naturali che possono fare effetto sul gonfiore ed il rossore delle nostre gengive, azione analgesica a contrasto del dolore.

Pensate che già nella seconda metà dell’ottocento ci sono articoli scientifici che parlano dell’utilizzo della cannabis nella pratica odontoiatrica, esattamente nel 1887, ad esempio, H. A. Hare ne parla nella rivista “Therapeutic Gazette”, consigliando l’utilizzo dei cannabinoidi come anestetici locali nelle pratiche di medicina orale, naturalmente all’epoca erano molto apprezzate le qualità analgesiche degli estratti della canapa, sottovalutando tutte le altre potenzialità biologiche su cui vertono molti lavori dei ricercatori contemporanei.

A cura di Dental Croatia