“Dieta crash”: funziona, ma attenzione ai danni che può provocare al cuore

Molto, se non tutto, è già nel nome: «crash diet». Ovvero una dieta «schianto»: nel senso che può ridurre in maniera drastica le curve del corpo, ma mettere pure a repentaglio il cuore, soprattutto in chi è già sofferente. Questo è quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell’Università di Oxford, indagando con la risonanza magnetica la distribuzione del grasso a livello addominale, epatico e cardiaco in 21 persone obese, alle quali per otto settimane è stata fatta seguire una dieta con un introito energetico giornaliero compreso tra 600 e 800 chilocalorie. I controlli sono stati effettuati in tre diversi momenti: all’inizio dello studio, dopo una e otto settimane.

 

Gli effetti della dieta
I benefici in termini di riduzione della massa grassa sono apparsi subito evidenti. Già dopo una settimana, infatti, il grasso totale, quello viscerale e quello epatico avevano subìto drastiche riduzioni: rispettivamente del 6, dell’11 e del 42 per cento. Tutto ciò accompagnato da una migliore risposta delle cellule all’insulina (in termini di assorbimento degli zuccheri circolanti nel sangue) e da livelli ridotti (dunque più adeguati) di colesterolo totale, trigliceridi, zuccheri e pressione sanguigna. Risposte che indicano un miglioramento complessivo del profilo metabolico di questi pazienti.

 

Il problema è che però anche la componente di grasso che avvolge il cuore – e che ha sia funzione energetica sia di cuscinetto – è risultata quasi dimezzata. Un aspetto che è stato associato a una riduzione della funzionalità cardiaca: a partire dalla capacità di pompare il sangue in tutto il corpo attraverso le arterie. Risultati analoghi, ma di minore portata, sono stati osservati allo scadere delle otto settimane.

 

Cosa può essere accaduto?
Gli effetti – strutturali e funzionali – sul cuore di una dieta mirata a un rapido dimagrimento non erano mai stati studiati prima. Risulta dunque semplice capire perché in occasione della presentazione dei risultati, avvenuta nel corso del congresso della Società europea di imaging cardiovascolare tenutosi a Barcellona, gli specialisti abbiano predicato a più riprese la massima prudenza. «Diete simili si sono molto diffuse negli ultimi anni – ha spiegato Jennifer Rayner, ricercatrice nel dipartimento di imagin cardiovascolare dell’Università di Oxford.

 

Quello che abbiamo scoperto può apparire curioso, perché a fronte di un miglioramento del profilo metabolico ci si aspetta una conseguenza analoga anche sul piano cardiovascolare. Invece l’attività generale del cuore è risultata peggiorata già sette giorni dopo l’inizio della dieta.

 

Questo perché l’improvviso rilascio di grasso dai diversi distretti, necessario per sopperire al ridotto apporto energetico, ha fatto probabilmente sì che il cuore di queste persone lo immagazzinasse, andando così a peggiorare le performance del muscolo». Il tutto ha avuto comunque un carattere transitorio, perché al controllo effettuato dopo otto settimane le performance risultavano migliorate, sebbene comunque ancora inferiori a quelle registrate prima dell’avvio della dieta.

 

In cosa consiste la dieta «crash»
Le diete di questo tipo sono basate quasi esclusivamente sul ricorso ai pasti sostitutivi: barrette o bevande. In questo modo si prova a fornire tutti i nutrienti necessari, riducendo però in maniera drastica l’apporto di energia all’organismo. Tant’è che – soprattutto se si ha di fronte un paziente gravemente obeso: con un indice di massa corporea superiore a 40 – non sono sconsigliate in senso lato, perché i benefici in termini di perdita di peso spesso ci sono: anche se poi occorre evitare che nel tempo i chili smaltiti vengano riacquisiti. Alla luce di quanto scoperto, però, estrema cautela deve essere posta nei confronti di chi soffre già di cuore.

Twitter @fabioditodaro

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